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La montagna

La montagna

Meditazione Guidata n°3

Meditazione guidata con visualizzazione di 10 minuti.
Siediti, premi play e inizia ad immaginare la tua montagna…

Leggi la trascrizione della puntata

Sediamoci nella posizione per noi più comoda e visualizziamo davanti a noi l’immagine di una montagna che conosciamo o che immaginiamo. Mettiamo a fuoco la forma, la vetta elevata che si staglia nel cielo, la larga base radicata nella crosta terrestre, i versanti ripidi o morbidamente digradanti verso la pianura. Osserviamo quanto è massiccia, immobile, solida, bella nella sua maestosità.

Forse la montagna ha cime innevate e boschi alle quote più basse. Forse presenta una cima che svetta o una serie di crinali o un ampio altopiano. Qualunque sia la sua forma, sediamo con dentro di noi la sua immagine, osservandola e ammirandola.

Lentamente, ognuno con i propri tempi, proviamo a incarnarla, ad assorbire dentro di noi le sue qualità, diventiamo noi stessi la montagna. Diventiamo immobili e maestosi. Proviamo a immaginare che il nostro capo diventi la vetta; le spalle e le braccia [diventino] i versanti; le gambe, le natiche e i piedi [diventino] la sua base radicata nel terreno. Proviamo a percepire nel nostro corpo il senso di elevazione della montagna, risalendo dal bacino lungo la colonna vertebrale, considerandola l’asse su cui si erge tutta la montagna. Respiro dopo respiro, momento dopo momento, stabili nella nostra immobilità, viviamo questa essenza centrata, radicata e impassibile.

Mentre il sole compie il suo percorso nel cielo, la montagna resta ferma, attraversata da luce, ombre e colori che mutano momento dopo momento sulla sua superficie e così si alternano i giorni. Dal chiarore sfumato dell’alba alla luce piena del sole accecante. Dal lento spegnersi della luce del tramonto fino alla notte illuminata dalla luna e dalle stelle. La montagna resta immobile, una immobilità che però contiene tutti i cambiamenti. Immobile rimane anche mentre si susseguono le stagioni. Durante l’estate si scioglie la neve, eccetto forse quella nelle quote più alte o nei canaloni di roccia in ombra. In autunno, la montagna si ammanta di colori brillanti e fiammeggianti. In inverno si copre di una coltre di neve e di ghiaccio. In qualsiasi stagione, la montagna può trovarsi, avvolta da nubi o nebbia, investita e frustata da venti e piogge gelide, la montagna resta immobile e impassibile a tutto questo, visibile o meno, con il sole o con le nuvole, arsa o ghiacciata. Semplicemente siede, fedele a se stessa. Anche quando torna la primavera e gli uccelli tornano a cantare sugli alberi o le piccole gemme spuntano sui rami degli alberi e della vegetazione, i fiori sbocciano negli alpeggi e sui versanti o i torrenti ribollono dell’acqua fresca delle nevi disciolte, la montagna continua a rimanere seduta, impassibile a ciò che accade sulla superficie, al mondo dell’apparenza.

Allo stesso modo della montagna, possiamo incorporare in noi incrollabili qualità di immobilità e radicamento, di fronte a qualsiasi cambiamento che avviene nella nostra vita ogni anno, ogni stagione, ogni giorni, ogni ora, ogni secondo. Nella pratica meditativa, come nella vita, sperimentiamo costantemente la natura mutevole della mente, del corpo, del mondo esterno. Siamo soggetti a periodi di luce e periodi di oscurità, a momenti di colori vivaci e a momenti di grigia monotonia. Sopportiamo periodi di oscurità e sofferenze e godiamo di momenti di gioia e di entusiasmo. Trasformandoci in una montagna, nella nostra meditazione, possiamo penetrare in profondità nella sua forza e stabilità e fare nostre queste qualità, affrontando i vari momenti con consapevolezza, equanimità e chiarezza. I pensieri, i sentimenti, le preoccupazioni o le bufere emotive, le crisi o gli eventi che ci accadono hanno molta somiglianza con le intemperie che la montagna si trova a conoscere. Siamo portati a considerare tutto quello che accade come qualcosa di personale, ma la caratteristica più saliente di tutto ciò che accade è proprio l’universalità, l’impersonalità. Il clima e le intemperie della nostra vita, come quelle della montagna, non possono essere negate o ignorate, bensì profondamente affrontate, accolte, sentite, comprese per quello che sono, attraverso un’attitudine consapevole di presenza e attenzione. È proprio questa attitudine che piano piano, molto lentamente, ci porta ad incontratre un silenzio più profondo, una quiete, una saggezza sempre più radicata in noi, necessaria per affrontare sia intemperie che bufera, sia le giornate di sole sfavillanti.

Ora, per qualche minuto, stiamo con le parole che abbiamo appena sentito e con queste sensazioni di pace, stabilità e silenzio. Riposiamo con esse per qualche attimo, fino a quando il suono della campana segnerà la fine di questa pratica.

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