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La storia del piccolo Buddha

La storia del piccolo Buddha

Kids n°1

C’era una volta un principe di nome Siddharta…

La sezione Kids nasce per raccogliere brevi racconti ed esercizi di mindfulness adatti ai più piccoli. E’ difficile indicare un’età minima o massima per ascoltare questi audio, io vi consiglio di testarli assieme ai più piccoli e poi di commentarli, riascoltarli, ripeterli con altre parole: insomma farli vostri!

Leggi la trascrizione della puntata

Quella che sto per raccontarti è una storia vera. È la storia del principe Siddharta, che è nato almeno duemilacinquecento anni fa in India. È nato in un piccolo regno dell’India, era figlio del re. Purtroppo, pochi giorni dopo la sua nascita, la sua mamma morì. Proprio per questo motivo il padre, che non voleva che il figlio soffrisse in nessun modo, lo circondò sempre di cose belle, di regali, di giocattoli. Faceva di tutto per evitare che potesse avere qualche preoccupazione o scoprire che nel mondo c’era qualcosa di brutto. Siddharta aveva abiti preziosi, abitava in palazzi molto ricchi dove viveva comodamente, era circondato da giardini, fiori, colori, oggetti. Era tutto bello, tutto nuovo, non c’era neanche un fiore appassito, quindi tutto quello che circondava Siddharta era sempre bellissimo e al massimo delle sue potenzialità. Fin da piccolo, Siddharta si rivelò un bambino molto buono, gentile, molto intelligente, amava gli animali, aveva tantissimi animali nel giardino del palazzo. Era figlio di un re, quindi aveva tantissimo spazio: aveva scimmie, cavalli, addirittura, si dice, un piccolo elefante. Crescendo, man mano imparò a usare l’arco e imparò tutte le cose che gli insegnavano i maestri di palazzo. Il padre era molto felice della vita che stava conducendo Siddharta all’interno del suo regno, se lo immaginava già adulto, sovrano, prendere il suo posto e governare il regno in India. Man mano che Siddharta cresceva, però, crescevano anche le domande, i dubbi e soprattutto la curiosità di scoprire che cosa ci fosse fuori dalle mura di questo palazzo: finché era piccolo bastavano i giochi, bastavano i giardini, bastavano le persone che si occupavano di lui, ma crescendo voleva uscire, scoprire com’era il mondo fuori di lì. Poco prima di compiere trent’anni, di nascosto, uscì per le strade del suo villaggio, incontrò parecchie persone e soprattutto una realtà completamente diversa: si accorse che nel mondo c’erano persone molto povere, altre molto malate, altre semplicemente in fin di vita, brutte, sporche. Non aveva mai pensato che la vita potesse avete tutto questo perché non aveva mai visto niente di simile prima di allora. Si rese conto che lui non era diverso dalle persone che abitavano fuori dal palazzo, che anche lui avrebbe potuto ammalarsi, invecchiare e poi, un giorno, anche morire. Ovviamente Siddharta scoprì tutto questo improvvisamente e fu molto turbato, tanto che decide di lasciare per sempre il palazzo e la vita da principe e futuro re per dedicarsi a scoprire come poter vivere e stare bene nonostante nel mondo ci siano le malattie, l’invecchiamento e la morte. Lasciò quindi tutte le sue ricchezze e il suo modo di vivere, nonostante fosse molto sicuro e felice, per andare alla ricerca del perché ci fosse tutta questa sofferenza e di come si potesse rimediare o almeno alleviare questa sofferenza, sia in se stesso che in tutti gli esseri umani. Ovviamente non sapeva trovare le risposte, quindi cominciò a cercare tra i maestri spirituali del tempo, viaggiò, conobbe molte persone, si spostò di regno in regno. Scoprì diverse religioni, diverse usanze, diverse metodologie, alcune anche molto estreme. Provò persino a digiunare per tantissimo tempo per vedere se in questo stato di purezza riusciva a trovare una risposta a queste domande. Una notte, seduto sotto un albero, mentre era in meditazione illuminato forse da qualche raggio di luna, improvvisamente successe qualcosa: comprese che non era la divinità che si pregava o la pratica che si seguiva o quello che capitava a dare o togliere sofferenza, ad aumentare o diminuire il dolore, o a dare gioia e felicità o tristezza e insicurezza. Non dipendeva dal maestro o dalla religione che seguiva, da chi invocava, non dipendeva da nient’altro che da qualcosa che lui aveva già, cioè dal suo cuore, dalla sua mente e da come il cuore e la mente vivevano queste esperienze che vivevano tutte le altre persone. Improvvisamente qualcosa si accese, come una specie di luce magica, all’interno del suo cuore. Aveva raggiunto quello che si chiamava “lo stato di illuminazione”, cioè uno stato di profonda e completa saggezza che va al di là delle apparenze, di quello che si pensa o dei bisogni, ma che riesce a illuminare la strada per eliminare la sofferenza, o meglio, per riuscire ad averci a che fare in maniera non distruttiva. Da allora venne chiamato Buddha, perché aveva vinto questa sfida, questa ricerca. Dopo aver capito come fare per se stesso, il Buddha non si fermò e disse “se io ho capito come avere a che fare con questo dolore, con questa sofferenza, voglio poterlo insegnare e mostrare anche a tutte le altre persone, perché tutti noi siamo nati per essere felici”. Così, pian piano, portò tutti i tuoi insegnamenti e la meditazione anche nel resto del mondo. Quello che faremo insieme è provare a giocare e scoprire che cosa il Buddha ha scoperto sotto quell’albero e cosa possiamo fare noi ogni giorno per essere felici.

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