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Affrontare l'incertezza

Affrontare l’incertezza

Approfondimento n°14

Questo è un periodo senza dubbio complesso, ci troviamo a fronteggiare l’incertezza in moltissimi aspetti della nostra vita: salute, lavoro, relazioni. Vogliamo controllo, sicurezza, prevedibilità e invece per quanto ci sforziamo… siamo immersi in una situazione che non prevede niente di tutto questo.

Cosa succede dentro di noi quando gli argini che faticosamente abbiamo cercato di costruirci non reggono più? Assieme all’incertezza emergono le nostre parti più facili. Emergono situazioni ed emozioni irrisolte.

Come può aiutarci la pratica e che cosa può insegnarci in un momento come questo?

A questa domanda cerchiamo di rispondere in questo podcast.

Leggi la trascrizione della puntata

È appena finita la serata con il gruppo di meditazione. Stasera abbiamo parlato di incertezza. Incertezza perché è uno stato d’animo che alberga in molti di noi in questo periodo considerando il nuovo DPCM, la situazione che continua a cambiare. L’incertezza fondamentalmente nasce dalla nostra voglia di controllo, di sicurezza, di prevedibilità. Molto spesso ci illudiamo che ci sia questo controllo e questa prevedibilità e quando una pandemia mondiale arriva questa sensazione di controllo si sfalda sotto i nostri occhi. Siamo ancora reduci dal primo lockdown, stiamo cercando di mettere insieme i pezzi o almeno renderci conto di quello che è successo e queste nuove restrizioni ci portano ad avere nuovamente a che fare con questa parte che ci toglie certezze, ci toglie routine, ci toglie posti, abitudini, persone, orari.

Cosa succede? Si aprono le porte per tutta una serie di fragilità, traumi, problemi irrisolti dentro di noi che questa incertezza, questo senso di perdere la terra sotto i piedi ci fa uscire. Ognuno vedrà, in questo periodo, emergere alcune sue parti fragili e vulnerabili. Ognuno reagisce a suo modo, però in questa fase di incertezza ci troviamo a fronteggiare alcune parti di noi che sono proprio quelle parti vulnerabili, quelle parti deboli, quelle parti che sono incerte e sono quelle che molto spesso tendiamo a nascondere o a non voler vedere. Tutto questo fa paura e quando c’è paura la testa e i suoi meccanismi hanno il sopravvento e quindi ci portano ad analizzare, ipotizzare, cercare di capire, spiegare.

In questi momenti la pratica ci può mostrare una serie di sfaccettature. Innanzitutto ci dà la possibilità di renderci conto e di aggrapparci, in un certo senso, alla verità che tutto è impermanente. Come sperimentiamo durante la meditazione, con i continui pensieri, emozioni, sensazioni che cambiano non solo di giornata in giornata ma di minuto in minuto, così possiamo portare questa realtà e questa verità che tutto è impermanente anche nei momenti di incertezza, nei momenti di instabilità. Passeranno, cambieranno sicuramente anche loro. La pratica non è il modo, la tecnica, lo strumento per stare sempre bene. La pratica ci aiuta a vedere le cose così come sono e non a cambiarle di per sé ma caso mai a lavorare sull’atteggiamento che noi abbiamo nei confronti di queste cose. La pratica ci porta a trasformare noi stessi e a cambiare gli occhi o pulire gli occhiali con cui guardiamo quello che ci circonda. Sicuramente, fare esperienza e richiamare l’impermanenza ci può aiutare. Ci può aiutare anche renderci conto che alcune volte questa incertezza, questa impermanenza che tanto ci spaventa, e che di primo acchito nessuno vorrebbe perché vogliamo sicurezza, in realtà è anche un’opportunità. Non è solo una minaccia. È interessante che ci sia questo paradosso tra opportunità e minaccia dell’incertezza, dell’impermanenza.

Mi ricollego a una parola che ho scoperto da poco per sottolineare quanto l’incertezza e l’indeterminazione, anche la confusione, siano un aspetto della totipotenza. Chissà se riesco a spiegarla bene, dovrei andare a cercare… La totipotenza fondamentalmente è una caratteristica di alcune cellule che, non essendosi ancora differenziate, possono evolvere in qualsiasi modo, in qualsiasi altro tipo di cellula dell’organismo in questione. È bellissimo! Questa cellula è una cellula confusa, è una cellula incerta ma all’interno di sé è piena di potenziale. Questo è quello che succede in ogni momento di incertezza, in ogni momento di confusione. Certo, fa male, ma è anche un’opportunità di evolvere, di cambiare, di essere, di diventare qualcosa d’altro. Se, attraverso la pratica, riusciamo a connetterci anche a quest’altra dimensione, a quest’altro aspetto dell’incertezza, possiamo recuperare uno spazio di fiducia, uno spazio di apertura curiosa, di attesa piena di amore rispetto a quello che verrà, quello che potrà essere o diventare quella cellula. Se manteniamo questo tipo di sguardo morbido, riusciamo anche ad avere a che fare con tutti quei paradossi che inevitabilmente ci troviamo a incrociare nella nostra vita. Se cerchiamo certezza e abbiamo di fronte un paradosso è un patatrack, è uno scontro, non riusciamo a gestire. Se siamo morbidi, se ci apriamo alla totipotenza, se ci apriamo alla confusione, se ci apriamo a varie e infinite sfaccettature che ci permettono magari di essere insieme tristi ma anche pieni di amore, confusi ma determinati… in quel caso riusciamo ad abbracciare tutto quello che c’è. Invece di cercare la certezza nel futuro che non conosciamo o aggrapparci al passato che ormai è andato, possiamo stare nel presente che è incerto, è sempre incerto; posso starci con uno sguardo curioso, posso rendermi conto che ognuno vede le cose a modo suo ed è probabilmente per questo che esistono i paradossi, che ognuno ha le sue necessità, i suoi modi di reagire, i suoi modi di stare. Siamo tutti diversi e insieme tutti interconnessi.

Questo è un altro grande aspetto che questa incertezza, grazie alla pratica, ci permette di lavorare: l’interconnessione. Il virus ci ha fatto vedere quanto siamo gli uni legati agli altri, quanto un gesto insignificante possa avere conseguenze veramente molto ampie. Certo, potevano esserci esempi più felici della pandemia, ma questa c’è e questa ci ha mostrato che non siamo isole, che non siamo separati e, anche se non sembra, siamo davvero tutti legati. Mi è piaciuta molto una metafora che ho letto da Frank Ostaseski riguardo all’interconnessione come ragnatela, sperando che non ci sia nessuno che ha troppa paura dei ragni… Ogni vibrazione, in qualsiasi punto della ragnatela, ha effetti su tutta la ragnatela, ed è così che funziona anche l’interconnessione. Se io tocco un punto e porto un certo tipo di energia, così condiziono il resto della ragnatela. Questo è importante da sapere in entrambe le direzioni: posso essere influenzato/a dalla ragnatela e quindi scegliere con che cosa faccio stare la mia mente, ma posso anche decidere anche che tipo di vibrazione porto in quella ragnatela. In questo senso, possiamo recuperare il fatto che la pratica è un modo di vivere, è un modo di prendersi cura di noi, che diventa anche un modo di stare con gli altri. Se io pratico per portare amore in me, con me, dentro di me, pratico anche con e per tutti gli altri. Posso sempre chiedermi, in ogni momento, come voglio essere, che tipo di energia voglio portare in questa ragnatela, cosa voglio dare, qual è il mio contributo qui e ora, cosa posso fare io. C’è sempre la possibilità di avere una risposta d’amore, gentile, compassionevole, senza per forza dover pensare di fare chissà cosa, semplicemente chiedendosi Come posso portare amore in questa situazione? Bastano anche gesti semplici, una parola gentile, un pensiero, non è necessario andare a stravolgere vite. Questa può essere la strada per trovare un modo di stare nel mondo con questa incertezza: ricordarsi che ogni persona ha la stessa paura che ho io, la stessa confusione che ho io, e soprattutto che ogni persona ha lo stesso desiderio di essere amata che ho io. Quando ci ricordiamo di questo, quando pratichiamo con questo, cambia necessariamente il nostro modo di vedere gli altri e di stare con gli altri.

Inoltre, la consapevolezza e la pratica possono essere un rifugio, un modo in cui mi prendo cura di me, mediante cui entrare in contatto con quello che provo così com’è e non tanto con la causa, che è bene diverso. Riusciamo a connetterci con quello che proviamo senza per forza aggrapparci a qualcosa o alla parte cognitiva. La paura e l’incertezza sono legate a tante cose, una volta è la paura fisica della malattia, un’altra volta è l’incertezza economica, potrebbe essere la situazione relazionale… ci sono tante sfumature, tanti tipi. Nella pratica, facciamo un passo indietro e invece di stare con le motivazioni che ci sviano, che ci portano nella testa e ci portano a cercare soluzioni, stiamo con le sensazioni, stiamo con la sicurezza che arriva dalla consapevolezza, dalla presenza che nasce proprio dal voler stare con quello che c’è. Molto spesso, quando c’è disagio, cerchiamo risposte al malessere e semplicemente non stiamo più con il disagio, casomai stiamo con la causa del disagio, ma non guardiamo più il problema, perché stare con quella difficoltà farebbe emergere tutta la mia vulnerabilità. Osservare come sono in relazione alle situazioni difficili è un cambio di prospettiva che ci permette di stare davvero con noi stessi, di stare con quello che proviamo e diventa un rifugio.

Io qui concludo. Spero che abbiate la possibilità di stare e di trasformare in opportunità questo momento di incertezza. È importante che ognuno si dia i suoi tempi, i suoi modi. Non c’è un unico modo di reagire, non c’è un unico modo di stare: c’è solo l’apertura a vedere quello che c’è in noi senza giudizio e con gentilezza.

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