QUAL E’ LA DIFFERENZA TRA MINDFULNESS E MEDITAZIONE?
È una domanda che sorge spontanea a molti. Io stessa ho risposto in maniera diversa a seconda del periodo in cui mi veniva posta. Così come ho sentito insegnanti dare di volta in volta interpretazioni anche l’una il contrario dell’altra.
Facciamo un po’ di chiarezza dal punto di vista storico.
La meditazione, intesa come pratica, viene associata principalmente alla corrente buddhista nata circa 3000 anni fa. In realtà tutte le religioni o correnti spirituali hanno tradizioni meditative anche se prevedono modalità e tipologie diverse.
La mindfulness, invece, nasce negli anni ‘70 ed è l’adattamento occidentale di questa pratica. Jon Kabat-Zinn, medico americano, ha avuto il merito di aver raccolto un’antica tradizione orientale e di averla tradotta in un linguaggio più fruibile a noi occidentali. Ha utilizzato parte della tradizione Vipassana e l’ha trasformata in un protocollo (MBSR Mindfulness-Based Stress Reduction therapy) che ha dato risultati sorprendenti sui pazienti che entravano nella sua clinica in Massachussets per disturbi legati allo stress. Jon Kabat-Zinn da subito ha intuito le potenzialità del metodo e si è prestato a diversi studi scientifici che ne hanno validato l’efficacia e contribuito al successo e alla diffusione. Dagli Stati Uniti il protocollo è arrivato fino a noi e ci ha permesso di entrare in contatto con parte di una tradizione millenaria. Il contesto laico e clinico ha permesso anche ai più scettici di avvicinarsi e tastare con mano i benefici che potevano derivarne.
L’IMPORTANZA DEL CONTESTO
Io ho iniziato a meditare all’interno di un monastero buddhista e quando, anni dopo, ho cercato una scuola di formazione per portare ciò che aveva cambiato la mia vita anche al servizio degli altri… ho fortemente voluto che fosse in un contesto che mi permettesse di approfondire non solo la tecnica ma il contesto, la storia e la cultura in cui si era sviluppata tradizionalmente.
Non sono buddhista ma sono estremamente grata di aver potuto studiare e praticare accanto a monaci, monache e persone che hanno integrato la meditazione nella loro vita al di là di protocolli o validazioni cliniche.
Ci sono due grandi contenitori quando si parla di meditazione: le pratiche di Shamata (concentrazione) e le pratiche di Vipassana (visione profonda). Le prime ci allenano a fermare la mente su un unico oggetto di attenzione (il respiro, un mantra, una visualizzazione). Anche lo yoga o il tai chi fanno parte di questa grande famiglia. Lo scopo principale è allenare la concentrazione fino ad entrare in stati di assorbimento (Jana) o elevati livelli di concentrazione.
La Vipassana, da cui prende origine la mindfulness, è una tra le più antiche pratiche buddhiste. E’ la coltivazione diretta e graduale della consapevolezza o presenza mentale e trae origine direttamente dal Satipatthana Sutta, un discorso attribuito al Buddha in cui il praticante viene guidato, secondo un percorso preciso e codificato migliaia di anni fa ma ancora straordinariamente attuale, ad un’osservazione diretta e graduale dei processi di mente e corpo nel loro continuo mutare. Nel tempo, questa pratica permette una maggior comprensione della natura di mente e corpo e alla cosiddetta visione profonda.
Questa esperienza non la potete possedere che sperimentando, ‘vedendo’. E le condizioni dell’esistenza in cui siete, istante dopo istante, sono le uniche possibilità di vedere e di sperimentare che ci vengono offerte. Non lasciatele sfuggire, non perdetele. In ogni istante è presente tutto l’essenziale, il dualismo e il non-dualismo, l’ego e la possibilità di scoprire il segreto dell’ego.
Arnaud Desjardins
EVOLUZIONE DELLA MINDFULNESS
Mindfulness è la traduzione in inglese del termine Sati che in lingua pali ha un significato ben più complesso del termine con cui spesso viene tradotto: consapevolezza o presenza mentale.
Il Buddhismo stesso è una corrente spirituale con una storia variegata e complessa. Nasce in India ma si diffonde in altri paesi limitrofi, man mano che incontra nuovi territori, nuove culture e modi di vivere si modifica e assume caratteristiche diverse e singolari. Si amalgama con la tradizione che incontra e si modifica di conseguenza. In Thailandia, Birmania e Sri Lanka si parla di Buddhismo Theravada. In Tibet, Bhutan e Nepal, di Buddhismo Mahayana. In Cina di Buddhismo Chan fino ad arrivare allo Zen in Giappone.
Tutte queste correnti spirituali sono rami di uno stesso albero ma ognuna ha le sue peculiarità e caratteristiche.
Molti vedono nella Mindfulness l’ennesimo adattamento del Buddhismo ad un contesto ed un paese nuovo.
Sicuramente una caratteristica di questo “Buddhismo occidentale” è la ricerca di collegamenti con la ricerca e il pensiero scientifico. La continua nascita di protocolli e gli innumerevoli test clinici hanno portato a dimostrare che attraverso la mindfulness è possibile migliorare l’attenzione, l’equilibrio emotivo, l’empatia e affrontare situazioni di stress e difficoltà. Queste dimostrazioni sono in sè la vera differenza tra mindfulness e meditazione. La mindfulness nasce con una precisa finalità, nasce come una tecnica che non necessita di un quadro culturale o etico di riferimento, funziona a prescindere. Perfino un cecchino potrebbe beneficiarne, paradossalmente.
Molto spesso accade che ci si avvicini ad un corso MBSR senza alcun interesse per il contesto da cui trae origine e che spontaneamente sorgano curiosità e la voglia di approfondire le origini ma non è un passaggio necessario. Posso decidere di imparare alcune tecniche di mindfulness per affrontare uno specifico problema, ad esempio l’insonnia, oppure posso allenare la mia consapevolezza ed integrarla completamente nella mia vita, come modo di conoscere chi sono e affrontare ciò che mi accade. In quest’ultimo caso non ci sono obiettivi specifici o test per validarne l’efficacia: si tratta di un modo di vivere e prendersi cura di sé a 360°.
DEEP MINDFULNESS
Durante gli anni di formazione e ancora prima in quelli che mi vedevano frequentare monasteri e ritiri in Istituti Buddhisti, si è parlato modo di mindfulness e soprattutto di mindfulness nel mondo occidentale. C’è stato un boom indiscusso, un fiorire di corsi, insegnanti, proposte…
In questo contesto è nato il concetto di “deep mindfulness” e la definizione di un tipo di approccio particolare, che ho nel tempo abbracciato e fatto mio. La mindfulness ha origine dal pensiero del Buddha e dai suoi studi sul funzionamento della mente e su come adoperarla per affrontare la quotidianità. Studi meticolosi, sconvolgentemente attuali e profondi, che abbracciano il senso dell’IO e la visione del mondo intero.
Attualmente si parla di mindfulness a diversi livelli e con diverse finalità. Da una parte si parla di consapevolezza come investigazione “psicologica” che ha come obiettivo la comprensione di chi siamo, cosa vogliamo… si lavora molto sul contenuto. Da un altro punto di vista si parla di consapevolezza come possibilità di affrontare le emozioni quotidiane, lo stress giornaliero e gli automatismi vari per migliorare il proprio equilibrio emotivo, in modo da accedere ad una sorta di equilibrio emotivo… si lavora principalmente sul processo.
Vi è poi un terzo modo di intendere la consapevolezza, una modalità più vicina alle sue origini, con riferimento a livelli più profondi dell’assorbimento meditativo e del processo di concentrazione. In questo senso si parla di deep mindfulness. Il processo meditativo viene portato a livelli sempre più sottili e direzionato verso lo sviluppo di una visione profonda. Il fine è quello di migliorare l’equilibrio emotivo ma anche la possibilità di sviluppare le potenzialità della mente/cuore.